Neverland di Andrea Spartà

Nel corso di una vita, ognuno di noi crea fondamentalmente tre cose nella sua mente: i sogni, le Utopie e l’Isola Che Non C’è.
Per quanto questi tre concetti, apparentemente astratti, possano sembrare uguali, ognuno di essi ha delle diverse caratteristiche che lo distinguono dai restanti due.
Innanzitutto, i sogni.
Cosa sono i sogni? Sono dei desideri. Sono degli obiettivi. Sono qualcosa per cui vale la pena lottare.
Un sogno è un qualcosa che l’uomo brama, un qualcosa di difficile da ottenere, un qualcosa che appaga. L’uomo lotta per i propri sogni. Spende ogni sua energia pur di raggiungerli perché sa che, con fatica e determinazione, può realizzarli.
Poi, le Utopie.
Cosa sono le Utopie? Sono un concentrato di sogni realizzati. Sono luoghi singolarmente perfetti. Sono il massimo che un uomo può desiderare.
L’Utopia è l’insieme di tutti i desideri di un uomo, è un luogo dove ogni cosa è come la vogliamo noi, è il mondo perfetto per le nostre esigenze. Ma qualcosa di così bello e perfetto non può esistere pienamente, ed è proprio questa la caratteristica dell’Utopia: la sua irraggiungibilità. Quindi se l’Utopia non la si può ottenere, perché sforzarsi a raggiungerla?
È proprio questa la differenza fondamentale tra sogno e Utopia: il primo stimola l’uomo a plasmare la propria vita facendola puntare, con sacrifici, verso quella difficile destinazione; la seconda è destinata a restare un luogo immaginario da mettere in un angolino della propria mente in quanto l’uomo, sapendo già di non poter, in ogni caso, farla diventare realtà, non ha motivazioni utili per impegnarsi in una missione già fallita. Infine, l’Isola Che Non C’è.

 Cos’è l’Isola Che Non C’è? È un’isola che non si può raggiungere ma in cui siamo sempre dentro. È un’isola che non muta i nostri desideri in realtà ma ogni cosa è ugualmente stupenda per noi. È un’isola che non c’è ma che ci segue e ci precede sempre, girando intorno a noi. L’Isola Che Non C’è è la nostra isola, una cosa che non può esserci tolta. È il luogo in cui ognuno di noi vorrebbe vivere perché sa già che solo lì potrà essere davvero felice. È il limite massimo della perfezione di una vita reale. Essa non fa parte né dei sogni, né delle Utopie, bensì è esattamente a metà tra di loro. Tuttavia l’isola è molto particolare. È facilissimo raggiungerla, ma estremamente difficile riuscire a restarci, ma il tempo varia da persona a persona. Altra particolarità dell’Isola Che Non C’è è che, a differenza dei sogni e delle Utopie che tutti hanno, ci sono uomini che, non credendoci, hanno distrutto la propria ed ora non possono più raggiungerla, e altri ancora che ci vivono da sempre senza neanche saperlo. Com’è possibile ciò? Semplicemente per il fatto che l’Isola Che Non C’è non ha una forma definita, bensì è diversa per ogni individuo. Può essere un luogo, un oggetto, una persona o anche una semplice parola. L’isola può essere qualsiasi cosa, basta saperla riconoscere dentro di noi. Per quanto mi riguarda, la mia Isola Che Non C’è è ben definita già da molto tempo. Per introdurla mi piace rifarmi al magnifico film “Neverland”, il quale racconta la storia della vita di James M. Barrie, il drammaturgo scozzese che inventò la trama del ben noto “Peter Pan”, soffermandosi sugli eventi che lo portarono all’ispirazione per la stesura di un’opera così bella da resistere nei secoli. Anch’io, come Barrie, ho inventato la mia personale Isola Che Non C’è. L’ho creata accanto a me in modo da poterla raggiungere quando voglio. Mi basta un foglio, una penna, un po’ di musica ed eccola lì, la mia splendida isola. Un’isola particolare che non è mai due volte la stessa. Un’isola che nasce dall’inchiostro della mia penna. Un’isola abitata da persone che conosco meglio di me stesso in quanto nate nella mia mente. Si, amo scrivere. È una passione che ho fin dalla mia più tenera età e che ancora oggi arde in me come il giorno stesso in cui è nata. Ho un sogno da inseguire: quello di scrivere per tutta la mia vita. So che è qualcosa di molto difficile da realizzare, specialmente ai giorni d’oggi, ma so anche che con determinazione e sacrifici, continuando come fino ad oggi ho fatto, riuscirò a raggiungerlo prima o poi. Tuttavia questo, come ho già detto, è il mio sogno e la sua realizzazione o il suo fallimento non ha alcuna rilevanza per la mia Isola Che Non C’è, perché lei continuerà ugualmente ad esistere. Ma com’è esattamente questa mia isola? È un luogo piccolo e infinito dove le sorprese non mancano mai. È un luogo composto di forti emozioni dove le parole sono sovrane. È un’isola mia ma in cui tutti possono, per un po’, entrare e goderne la bellezza. È un’isola che raramente è felice, ma quei brevi momenti valgono più di ogni altra cosa, ed è così perché così è la vita: raramente felice, ma infinitamente importante. È un’isola dove i valori vengono messi in risalto anche, e soprattutto, con gli errori. È un’isola dove si impara senza accorgersene. È un’isola dove si ride e si piange. Ma soprattutto è un’isola dove si sogna, si sogna tantissimo. Adoro la mia isola perché compie un piccolo miracolo: fa vivere più vite. Essa nasce fondamentalmente per questo. Forse qualcuno potrà vederla come una morbosa avidità, ma credo che una vita sola non sia sufficiente per la maggior parte degli uomini, ed è per questo che si legge. Ma oramai la società moderna è sempre più fissata sulla tecnologia e sulla velocità. Quando mi sono reso conto di questo è nata la mia Utopia. E allora ho deciso che avrei dato un mio piccolo contributo dedicando la mia vita alla mia Isola Che Non C’è, in modo da migliorarla giorno per giorno facendola conoscere anche agli altri che magari, vivendo per un po’ al suo interno, s’incanteranno con la sua bellezza e riprenderanno la ricerca, magari oramai abbandonata, della propria. E quindi ora ho tutto. Ho un sogno: quello di diventare uno scrittore professionista. Ho un’Utopia: un mondo in cui i libri tornino ad essere lo strumento più usato da tutti. Ho un’Isola Che Non C’è: le mie storie.

Andrea Spartà

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