“Uto e Pia” di Marzia D’Anella

Vi lascio alla lettura del racconto di Marzia D’Anella, terza classificata al Premio “Terra Utopiam” per la sezione Narrativa…… Nel prossimo post, la biografia dell’autrice e una recensione da parte dell’Associazione.

Invito tutti voi a lasciare un commento su questo racconto………grazie

 

Uto e Pia

Uto era il figlio benvoluto dell’astuto, panciuto e baffuto, Signor Statuto. Pia era il risultato della miopia di una coppia in terapia che scoppia se non raddoppia.

Il Signor Statuto era un uomo incredibilmente rigoroso. Tutta la sua vita era regolata da convinzioni incrollabili, frutto di studi instancabili e di sacrifici stoici ma necessari per garantire a suo figlio Uto uno stile di vita talmente perfetto, controllato e controllabile, da non consentire margini di errore. Per non avere interferenze sulla gestione fisico-mentale del figlio, il Signor Statuto aveva affittato una mamma ad hoc alla quale aveva affidato, sotto stretto controllo, il suo preziosissimo quanto selezionato seme affinché la poveretta portasse a termine “l’incarico” che le era stato assegnato. Nel contratto che le aveva fatto firmare, ricco di postille e annotazioni, le aveva vietato anche un solo giorno di allattamento al seno. Non voleva rischiare alcuna contaminazione con ulteriori ormoni femminili: le donne per uno Statuto erano tempo perso, dispersione di energia vitale da utilizzare per progetti di ben più alto livello.

Pia era la figlia della coppia che scoppia se non raddoppia. I Signori Coppia, infatti, erano un duo assoluto tanto da confondersi in un unico essere. Si ritenevano depositari assoluti del concetto di Amore Universale. Un amore che si nutre di se stesso a sazietà e che non necessita di altro per esprimersi. Ai Signori Coppia bastava guardarsi – anche senza vedersi – per appagarsi totalmente.

Un giorno però, nella solita estasi di auto-contemplazione, i Signori Coppia si videro sfocati e notarono che i loro contorni non erano più perfetti e scintillanti come al solito. Furono piantati e stridore di denti fino a quando, improvvisamente, capirono che avevano bisogno di un erede che massimizzasse la loro natura: una prova evidente della perfezione del loro amore. Non fu facile però perché i Signori Coppia erano talmente presi a vedere nell’altro un’emanazione della loro stessa magnificenza che fu difficile trovare un dialogo che li distogliesse dal magnifico monologo che stavano interpretando. Furono costretti ad andare in terapia e si convinsero quindi a concedersi l’uno all’altro almeno per una volta. Naturalmente accade il miracolo -ma come poteva non essere altrimenti in una coppia tanto perfetta- e nacque la piccola Pia.
Il piccolo Uto cresceva sano e rispettoso. Il Signor Statuto era molto fiero: il figlio interpretava alla perfezione le sue idee di evoluzionismo. Lui non doveva far altro che trasmettergli, più o meno subdolamente -semmai un genitore possa essere subdolo- le sue convinzioni che d’altronde erano il  frutto di anni e anni di sacrifici che prontamente venivano rinfacciati al piccolo Uto, che però ne portava il peso senza porsi troppe domande. Suo padre era felice e a lui bastava. O almeno così credeva. Non è facile contravvenire ad uno Statuto!

La prima parola che la piccola Pia disse fu: “soffoco!”. I Signori Coppia non le lasciavano aria vitale. Le stavano attaccati: d’altronde la piccola era una loro emanazione! La riempivano di attenzioni, la subissavano di interessi, tensioni, riflessioni.  “Non riesco a respirare”. I polmoni della piccola stretti nell’unico abbraccio dei Signori Coppia non si erano espansi a dovere e Pia aveva riportato un deficit respiratorio che metteva seriamente a repentaglio la sua vita. “Basterà non farla mai agitare, mai farla ammalare, mai farla arrabbiare, mai farla gioire troppo!”. I Signori Coppia si convinsero che il loro amore perfetto sarebbe stata la soluzione a tutto. Pia ne portava il peso senza farsi troppe domande. I suoi genitori erano felici e a lei bastava. O almeno così credeva. Non è facile contravvenire all’amore perfetto!
Fu nel giardino del parco che Uto e Pia si videro la prima volta. Il piccolo ometto tornava carico dei suoi buoni risultati e la piccola donnina affidava alle querce accudenti i suoi respiri più profondi. Quando lo vide avvicinarsi, Pia sentì che il suo cuore si espandeva a dismisura e che anche i suoi polmoni ritrovavano vigore e vitalità. Uto vedendola sorridere si sentì per la prima volta perso; non sapeva a quale regola fare riferimento in quella situazione. Pia continuava a sorridere e lui a tremare. L’ometto si fece forza e le prese la mano. La bimba arrossì e alcune lacrime nutrirono le sue guance. Non dissero una parola per non rovinare la magia di quell’attimo, che si sommò al successivo e poi ancora a quello dopo e non videro il sole andar via quatto per raccontare alla luna quella bellissima storia che aveva incorniciato. Sentirono solo le voci, senza grazia, dei loro genitori che li strappavano dal parco: “Non hai tempo da perdere in questo modo. Non è questo che mi aspetto da te!”. “Vuoi farci impazzire di dolore? Non capisci che eravamo preoccupati per te?”.

Perché nessuno di loro chiedeva se fossero felici? Quand’è che avevano dimenticato che esiste anche questa parola? Perché si preoccupavano di gestire la vita invece di viverla?
Il piccolo Uto da quel giorno non trovò più alcun senso in nessuna delle affermazioni che lo avevano sostenuto fino a quel momento. Esistevano cose che non andavano spiegate, bisognava solo lasciarle fluire. E vivere. Vivere. Anche senza vita.
La piccola Pia da quel giorno non trovò più alcun senso in nessuno dei respiri che si sforzava di fare. Esistevano cuori che incontrandosi guarivano ogni malattia, ogni dolore, bisognava solo lasciarli fluire. E vivere. Vivere. Anche senza respirare.
Fu così che Uto e Pia smisero di appartenere alla loro storia. Per chi ha bisogno di spiegazioni Uto non c’è più perché non era felice. E Pia non c’è più perché era malata.
Ma chi le spiegazioni le teme, asserisce di vederli camminare mano nella mano, occhi negli occhi, cuore nel cuore. E non smette di credere nella magia di Uto e Pia.

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