BARBIANA, LUOGO DELL’UTOPIA E DELLA MEMORIA

Vi lascio alla lettura del racconto di Rolando Perri, primo classificato al Premio “Terra Utopiam” per la sezione Narrativa. Nel prossimo post conosceremo meglio l’autore. Buona lettura…..

BARBIANA, LUOGO DELL’UTOPIA E DELLA MEMORIA

Il fischio del capostazione zigzagava nell’aria tersa  del cielo calabro, squarciava il silenzio sordo di una desolata stazione  per dare il via  alla partenza  di un treno lumaca e mal arredato. Il controllore infreddolito si catapultava all’interno di uno degli scompartimenti e, con fare urbano e confidenziale, chiedeva il biglietto ai passeggeri occupanti due posti su sei disponibili: “Prego, signori!”. Dava uno sguardo rapido e distratto ai due giovani, obliterava i loro biglietti e augurava  agli stessi un buon viaggio. 
   “Stamattina ho partecipato solo per qualche ora all’assemblea, e l’argomento trattato era particolarmente interessante” – così esordiva Natalia, rivolgendosi al suo compagno di viaggio.    “Interessante, davvero? Vuoi spiegarmi la ragione fra tanta noia in questi giorni di occupazione sterile e inconcludente della facoltà?” – rispondeva di rimando Valeriano.    Natalia, un po’ risentita, aggiungeva: “ Ho preso parte a un dibattito, peraltro già iniziato al mio arrivo, nel quale emergeva, ancora non so il perché, la figura straordinaria di un prete. Un sacerdote, da quanto si è detto, fuori ordinanza. Un prete scomodo, che aveva tolto il crocifisso dalla parete della sagrestia e aveva accolto nella sua chiesa i comunisti con la bandiera rossa ai funerali di un operaio, vittima di un incidente sul lavoro. Un religioso inviso alle gerarchie ecclesiastiche, e che era stato confinato in una parrocchia sperduta per non nuocere più”. Valeriano ascoltava con grande attenzione il resoconto di Natalia, ma aveva bisogno di altri elementi per capire appieno la sua esposizione: “ Puoi dirmi, Natalia, il luogo dove il tuo curato, tutto sui generis, ha vissuto l’esperienza descritta?”. La giovane, toccata dalla velata ironia di Valeriano, assumeva un tono  sobrio e formale:” Hai ragione, Valeriano, ho omesso la località volontariamente, in quanto non sono sicura di averne recepito correttamente il nome! Mi sembra che si tratti di un luogo isolato, impervio, quasi irraggiungibile della Toscana, Barbiana. Lì pare che quel prete abbia aperto una scuola, che è all’avanguardia nelle metodologie didattiche, insomma, una sorta di rivoluzione pedagogica contro il classismo e la selezione feroce della scuola italiana. Un radicale mutamento di carattere sociale, pensa un po’: non un campo di calcio, come avviene in tutte le parrocchie, per far divertire i ragazzi, ma una scuola vera, a tempo pieno, tutti i giorni compresa la domenica per l’intero anno, nella quale l’istruzione diventa strumento di emancipazione delle classi sociali subalterne, degli ultimi e dei dimenticati,  di quelli che non hanno voce”.
Mentre Natalia riprendeva fiato, Valeriano, colpito dal fervore dialogico di lei,  chiedeva per avere  un’ulteriore conferma: “Hai detto Barbiana? Boh,  non so nemmeno dove sia collocabile geograficamente”. “In verità – precisava Natalia – neanche io ero a conoscenza di questa contrada fino a oggi”.  E, chiosava ancora: “Ma non ti ho detto, Valeriano, che durante la disputa, molto accesa fra i partecipanti, qualcuno ha tirato fuori un libro dal titolo-Lettera a una professoressa-per leggerne alcuni brani. I concetti espressi in quel volume- atto d’accusa contro la scuola di Stato- che mi hanno impressionato di più, tanto da farmi riflettere a lungo successivamente, suonano più o meno così :  La scuola è un ospedale che cura i sani e respinge i malati – e ancora – Bocciare è come sparare in un cespuglio. Forse era un ragazzo, forse una lepre. Si vedrà a comodo. Pare che il libro sia stato scritto dal sacerdote in collaborazione con otto ragazzi di quella scuola”.  I due giovani, Natalia e Valeriano, erano studenti  della Facoltà di  Lettere all’Università degli Studi di Messina. Due calabresi costretti a emigrare nella vicina Sicilia per poter aspirare al conseguimento di una laurea, quando la Calabria era una regione ancora senza una sede accademica. Essi avevano l’interesse comune per lo studio e una blanda simpatia affettiva fino ad allora tenuta a freno tra le righe di un’amicizia vera e autentica. Entrambi rientravano nella sede di residenza per le imminenti festività natalizie, dopo alcuni mesi di occupazione delle facoltà universitarie a ridosso del periodo più caldo della contestazione sessantottina. Il giorno dopo il suo rientro nella città dei Bruzi, Valeriano fremeva dal desiderio di recarsi  nelle tre librerie più importanti per acquistare il libro di cui conosceva appena il titolo, mentre ignorava del tutto la casa editrice. Nessuna delle tre aveva sul banco di vendita il volume, né i titolari dei negozi avevano ordinato lo stesso a possibili acquirenti così egli  prenotava il testo. Dopo più di tre settimane,  Valeriano veniva in possesso di  Lettera a una professoressa: “ Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell’istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che respingete. Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate”.  Una scoperta sconvolgente sul piano delle idee pedagogiche sostenute in quel libro, condivise da Valeriano e Natalia, fino a rimanere l’uno e l’altra affascinati e catturati dal pensiero espresso da don Lorenzo Milani e dai suoi piccoli allievi. Lettera a una professoressa diventava così una sorta di bibbia pedagogica per  i due giovani in quegli anni di studi universitari sino al momento della laurea. Conseguita quest’ultima, Natalia e Valeriano decidevano di recarsi a Barbiana  per conoscere da vicino e direttamente il luogo che, nel loro immaginario culturale, era divenuto mitico per quel personaggio carismatico scoperto casualmente in un’assemblea studentesca, Lorenzo Milani, icona incontrastata del Movimento Studentesco  del   ’68. Un lungo e piacevole viaggio  dalla lontana Calabria a Firenze, e da Santa Maria Novella il treno con vista panoramica sull’ameno paesaggio toscano fino a Vicchio, terra dell’Angelico. I due giovani, in un  pomeriggio primaverile sotto il cielo azzurro e sgombro di  nuvole del  Mugello, salivano  lungo la strada angusta e alberata che porta a Barbiana, luogo per ambedue suscitatore  di suggestioni incomparabili e di emozioni trattenute  a stento in un immaginifico viaggio a ritroso nei pensieri, nelle parole e nelle opere del Priore. La scuola, la canonica, il cimitero in miniatura, dove riposa don Lorenzo Milani, rimanevano per sempre scolpiti nel ricordo vivo e attuale, nelle corde più profonde dei sentimenti di Natalia e  Valeriano. Barbiana si materializzava come tòpos dell’utopia e della memoria per la generazione coeva ai due giovani calabresi, e per tante altre successive, a prescindere dalla nazionalità, per la traduzione in tante lingue di Lettera a una professoressa, manifesto del ’68 italiano. Sul Monte Giovi veniva sancita tra i due una promessa, che era un vincolo, quasi un giuramento sacro in nome del Priore: entrambi, ogni anno, si sarebbero trovati lì, il 27 Maggio, indipendentemente dalla loro storia d’amore ancora in embrione. Natalia e Valeriano diventavano docenti della scuola italiana, due militanti delle idee pedagogiche del prete fiorentino, convinti assertori dei metodi di quella pattuglia di allievi barbianesi. Natalia sarà insegnante di lettere,  in una scuola media del Sud, con un profilo diametralmente opposto a quello della professoressa Spadoni;  Valeriano inizierà la sua carriera come docente nella scuola primaria per raggiungere i vertici della dirigenza scolastica. Nella sua prima esperienza, si troverà in una realtà scolastica di montagna, sorprendentemente riproduttiva del modello Barbiana, e la metodologia applicata ripercorrerà gli insegnamenti donmilaniani,  di cui Valeriano si era nutrito nella sua formazione.   

   Poi, le vie del cuore non s’incroceranno più: ciascuno farà una scelta autonoma rispetto ai germogli affettivi, nati timidamente nelle aule universitarie  e durante la  frequentazione amicale nella stessa città d’origine. Tuttavia, Natalia e Valeriano, stretti nel patto verbale, spontaneamente stipulato in quel di  Barbiana, e messi da parte gli impegni  lavorativi, nonché familiari, ogni anno, da allora, si ritroveranno per la  fatidica data del 27 Maggio ( 1923), commemorativa della nascita di Lorenzo  Milani. Luogo di ritrovo sarà il porticato situato in Piazza della Vittoria a Vicchio, e da lì,  assieme, andranno sul Monte Giovi, a Barbiana. Un incontro che, annualmente, si rinnova e si arricchisce di nuove sensazioni e di esperienze di vita vissuta da raccontare vicendevolmente. Un pellegrinaggio di fede e di amore comune nel credo pedagogico  e nel segno utopistico del messaggio milaniano.           
   La sorte, per una serie di ragioni, non ha unito sentimentalmente Natalia e Valeriano ma, a rinverdire un legame, ha provveduto, almeno una volta l’anno, il Priore.

“Pace, dolce utopia” – Poesia di AnnaMaria Menegatti

Pace, dolce utopia” è la poesia scritta da AnnaMaria Menegatti, classificatasi al terzo posto per la sezione Poesia, nel Premio “Terra Utopiam

 

Pace, dolce utopia

Pace, cultura, educazione

son tre grandi belle parole

che vengon spesso pronunciate

ma sono poco adoperate.

Guerra,

guerra con le armi,

con le armi nucleari,

guerra tra popoli vicini,

guerra anche fra bambini.

Ma la guerra, chi lo sa,

dove nascerà.

Essa nasce dentro a un cuore

che non sa cos’è il calore,

nasce da collera e avidità

di chi non gli basta ciò che ha.

L’arroganza e l’ignoranza

son le basi dell’intolleranza

che non rispetta la diversità

e calpesta la dignità.

La cultura non è nozionismo,

ma un vero sodalizio

tra sapere, educazione,

saggezza e compassione.

In questo mondo multicolore

pieno d’odio e di rancore

c’è una sola via d’uscita:

in ogni persona c’è un bel fiore

che si può chiamare amore,

c’è la gioia ed il dolore

ed anche l’uso della ragione.

Riscopriamo l’umanità,

la pazienza, la bontà

ed ogni altra virtù che ha.

AnnaMaria Menegatti

 

AnnaMaria Menegatti è nata a Firenze nel 1953, vive a Montaione (FI) dalla fine del 1994. Si è laureata in Pedagogia presso la Facoltà di Magistero, di Firenze, ed ha conseguito anche due specializzazioni per l’insegnamento nella scuola primaria, per alunni diversamente abili. Attualmente in pensione, ha lavorato per circa trent’anni nell’ambito dell’educazione, sia presso un istituto per bambini con handicap gravi e gravissimi, sia come terapista della riabilitazione ortofonica ed ortofrenica, sia come insegnante di sostegno nella Scuola Statale. Scrive poesie mai editate, alcune delle quali sono ispirate dall’umanesimo Buddista che è parte della sua vita.

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Questa bellissima poesia, ed altre che hanno partecipato al Premio “Terra Utopiam”, sono raccolte nell’Antologia “Terra Utopiam – La terra dell’utopia”, pubblicata dalla Casa Editrice Montedit:

http://www.ilovebooks.it/antologia-terra-utopiam-p-4474.html

Copertina Antologia

Cos’è la libertà…..

Ditemi la verità, quanti di voi si sono dati una risposta definitiva alla domanda “Cos’è la libertà?”.
A tale domanda ho ricevuto tante risposte che adesso vi esporrò:
Una ragazza mi ha risposto che la libertà è vivere felici senza pensieri e poter dire e fare ciò che si vuole senza vergogna e né timori. (bello no?)
Un tizio invece mi ha risposto che la libertà è vivere senza regole contro lo stato che pur essendo democratico è sempre dittatore! Anche farsi arrestare è libertà perché uno è libero di fare il delinquente al caro prezzo della libertà.
Un uomo dall’aspetto eccentrico mi ha detto che per lui la libertà è vivere in solitudine perchè così non si dipende da nessuno, che la folla soffoca l’animo e che comunque tutto ciò che vediamo intorno a noi è libertà perché se così non fosse non esisterebbe proprio niente!
Un vecchio dalla voce soffocata e tremolante mi ha risposto che finché l’uomo non si rende conto di essere succube delle leggi perverse e controverse dello stato, la libertà non potrà mai esistere! Siamo tutti così schiavi dei loro loschi giochi che siamo addirittura convinti che solo i politici possono darci la libertà! Che enorme menzogna, è una pazzìa……..
Ad ognuno la sua libertà, come un ragazzo che mi ha risposto che si sentiva libero solo accanto alla sua fidanzata….. bellissimo!! auguri e felicità!
Un altro invece mi ha risposto che la lbertà se la godeva solo due volte l’anno, a Natale e ad Agosto,così riusciva ad allontanarsi dai suoi genitori per 15 giorni!
Per esperienza sò che i musicisti quando suonano sentono la libertà scorrere nel sangue.
Per i motociclisti il vento in faccia è libertà!
Un romanticone mi ha risposto che soltanto amando senza condizioni si è realmente liberi……..
…..Ecc. ecc. … ne avrei ancora mille da scrivere,una diversa dall’altra,ma tutte legate da un solo sentimento,la voglia di sfogare questa libertà con tutto il cuore.
Qualcuno, più di 2000 anni fa, un certo Gesù Cristo, insegnava che tutti devono avere il diritto di esprimere il proprio parere, di compiere le proprie azioni e di amare incondizionatamente, senza timore di essere giudicati male e/o castigati, l’importante è che tutti sentano il dovere di accettare e rispettare i pensieri , le parole e le opere dell’altro pure nel disaccordo.
Solo così si matura quella pazienza, la calma e la ragionevolezza per riconoscere i propri sbagli e aiutare gli altri a correggersi nell’errore, imparando così a convivere l’uno accanto all’altro amandosi come amiamo noi stessi ed infine raggiungere la libertà assoluta!
LA LIBERTA’ E’ L’ASSENZA DI ODIO!
Facile vero?
Assolutamente no!
A me sembra che la libertà sia Utopia!
L’unica certezza è che in ognuno di noi esiste un pizzico di libertà, e chi riesce a sentirla la deve seguire senza mai lasciarla scappare, solo così potrà vivere serenamente il resto dei suoi giorni.

E. P. (autore) Segnalata da Daniele Fiaschi su Frasi.net

E per voi che cos’è la libertà?

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Tommaso Moro

Altrove, si sa, mentre si parla ovunque dei diritti dello Stato, non si occupano che di quelli privati; dove non esiste nulla di privato, si occupano sul serio delle faccende pubbliche, qui, dove ogni cosa è di tutti, nessuno dubita che, purché si pensi a tener ben colmi i granai pubblici, non mancherà a nessuno nulla di privato.

Dal libro Utopia di Tommaso Moro

(Thomas More)

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http://www.concorsiletterari.it/concorso%2c4785

Bando del Premio “Terra Utopiam”

Storia dell’utopia

La storia ci insegna che da sempre lo stato di infelicità della coscienza, il “male di vivere” hanno generato nell’uomo aspirazioni utopistiche, il desiderio di un “non luogo”, di qualcosa di nuovo, di migliore, in cui credere. Per l’autore, in contrapposizione con altri filosofi, l’utopia non è per niente trascendente, ma è immersa nel presente; come un sogno appunto, ha le sue radici nella storia vera.

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Il sogno dell’Occidente da Platone ad Aldous Huxley
Autore Jean Servier
Curatore  G. De Turris
Traduttore  C. De Nardi
Editore Edizioni Mediterranee, 2002

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Premio “Terra Utopiam”

Frasi sull’utopia…..

“L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare.” (Eduardo Galeano)

“L’uomo senza utopia sarebbe un mostruoso animale fatto di istinto e raziocinio…una specie di cinghiale laureato in matematica pura.”
(De Andrè)

http://www.concorsiletterari.it/concorso%2c4785

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Premio “Terra Utopiam”

Torniamo a parlare della nostra iniziativa Nazionale “Terra Utopiam”, la I^Edizione del concorso per poeti, scrittori e pittori, patrocinata dal Club degli Autori, e che ha come data di scadenza, per inviare i vostri elaborati, il 15 Febbraio 2015. Ricordo che il tema suggerito, per tutte le categorie, è l’Utopia.

http://www.concorsiletterari.it/concorso%2c4785

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L’utopia rivoluzionaria

L’utopia rivoluzionaria ha le sue radici teoriche nel Rousseau del Contratto sociale e quelle pratiche nella nascita e nella organizzazione del movimento operaio europeo. Senza rifiutare l’industrializzazione, ne critica i difetti e ne progetta un modello alternativo seguendo due direzioni: in una prima fase quella spontaneista e comunitaria, in seguito quella organizzata e politica.

La storia

L’elaborazione di un modello alternativo di società industriale di stampo comunitario si deve a Robert Owen (1771-1858). Operaio e imprenditore tessile, Owen critica l’industrializzazione soprattutto da un punto di vista etico e pedagogico: la concorrenza sfrenata e la degradazione fisica e morale conseguente ai bassi salari sono infatti per lui causa dello sviluppo di personalità aggressive e antisociali. Senza rifiutare la tecnica e l’industria, ma anzi valorizzandole, Owen tentò due esperimenti di comunità industriali improntate a criteri socialisti: il primo nel suo opificio di New Lanark (Scozia) e il secondo con la fondazione nell’Indiana (Usa) di New Harmony. Abolizione della proprietà privata, abbondanza della produzione e distribuzione dei prodotti in base alle necessità avrebbero dovuto eliminare egoismi e conflitti ma entrambi i tentativi fallirono.

® Vedi il Libro sul nuovo mondo morale (1836-44) di Owen, opera nella quale emergono i temi forti dell’utopia rivoluzionaria ottocentesca: l’aumento della produzione e della ricchezza, la salubrità e la piacevolezza del lavoro, la distribuzione del prodotto a tutti in proporzione alle necessità di ognuno.

L’esempio storico più emblematico dell’utopia rivoluzionaria è però quello della Rivoluzione d’ottobre. La prima fase della grande rivoluzione russa si svolge infatti all’insegna dell’utopia grazie sia al retroterra teorico offerto dagli aspetti utopici dell’opera di Marx sia all’apporto di altre componenti politiche (socialrivoluzionari e anarchici) le cui tradizioni teoriche erano decisamente utopistiche. All’ispirazione utopica sono riconducibili alcune decisione rivoluzionarie quali, innanzitutto, il potere attribuito ai soviet (i consigli contadini e operai), la formazione delle comuni agricole volontarie (kolchoz) e la gestione all’insegna dell’egualitarismo delle industrie e delle banche nazionalizzate. Sul piano dei diritti umani e dei valori individuali, è questa la fase in cui è più forte la tendenza, tipicamente utopica, all’abolizione della famiglia e all’instaurazione del cosiddetto libero amore.

® Vedi, a questo proposito, il saggio di Massimo Salvadori, Storia del pensiero comunista. Da Lenin alla crisi dell’internazionalismo (1984), dove l’autore interpreta la prima fase del governo bolscevico proprio sulla base della tensione, destinata a trasformarsi in contraddizione, tra utopia di autogestione e realismo autoritario.

La filosofia

Karl Marx è giustamente considerato il fondatore del socialismo “scientifico” in contrapposizione alle utopie socialiste del primo Ottocento. Marx infatti con la sua opera volle dimostrare scientificamente che le contraddizioni strutturali della società capitalistico-borghese ne avrebbero determinato ineluttabilmente la fine. Il socialismo, per Marx, non era un solo un ideale etico ma un progetto politico realistico fondato sulla dinamica oggettiva dello sviluppo storico. Sulla base di questi presupposti teorici, Marx inoltre si impegnò attivamente nell’organizzazione di un movimento politico socialista che avesse come scopi la rivoluzione proletaria e la presa del potere. Nonostante l’impegno concreto di Marx nell’azione rivoluzionaria il suo pensiero è fortemente venato di tratti utopici. Ciò é particolarmente evidente quando si propone di prefigurare i tratti della futura società comunista: eliminazione dello Stato; eliminazione della divisione del lavoro, compresa quella tra lavoro manuale e lavoro intellettuale; sovrabbondanza di ricchezza materiale per tutta la società. Il culmine dell’utopismo marxiano è rappresentato dalla famosa sentenza nella quale Marx enunciò il principio fondamentale della futura società comunista: “Ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”.

® Vedi in particolare di Karl Marx e Fredrich Engels, il Manifesto del partito comunista (1848), in cui gli autori teorizzano l’estinzione dello Stato, differenziandosi però dagli anarchici perché lo considerano un obiettivo non raggiungibile immediatamente, ma solo dopo una lunga fase di “dittatura del proletariato”.

® Vedi inoltre di Marx, l’opera Critica del programma di Gotha (1875), in cui la futura società comunista viene caratterizzata con tratti tipicamente utopici.

L’arte

Nell’ambito delle arti figurative, le istanze dell’utopia rivoluzionaria sono presenti in uno dei principali movimenti dell’avanguardia novecentesca, quello del surrealismo, nato ufficialmente nel 1924 con il Manifeste du surréalisme di André Breton (1896-1966) e di cui fecero parte, tra gli altri, Max Ernst (1891-1976), Juan Miró (1893-1983), Salvador Dalí (1904-1989), René Magritte (1898-1967).

L’istanza politica rivoluzionaria, esplicitamente dichiarata, è coniugata dai surrealisti con la psicanalisi di Freud. Alla rivoluzione sociale deve essere infatti affiancata, secondo loro, una liberazione individuale basata sulla scoperta e la valorizzazione dell’inconscio. Per questo l’obiettivo dell’arte surrealista è esprimere il sogno, la follia, gli stati allucinatori. Essi sono altrettante spie della “surrealtà”, l’altra dimensione del reale che bisogna sostituire alla “normalità” della realtà borghese, e che costituisce appunto la rappresentazione artistica dell’utopia politica rivoluzionaria.

® Vedi il primo (1924) e il secondo (1930) Manifesto del surrealismo, in cui sono esposti i principi programmatici del movimento e inoltre il quadro L’occhio del silenzio (1943) di Max Ernst, uno degli esempi più significativi di rappresentazione pittorica della “surrealtà”.